L'Iran in fiamme by Arash Azizi

L'Iran in fiamme by Arash Azizi

autore:Arash Azizi [Azizi, Arash]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2024-02-15T00:00:00+00:00


* Siccome tutti e due i miei genitori sono registi che hanno lavorato per, o con, la tv di Stato per gran parte della loro carriera, sono cresciuto ascoltando molte di queste storie assurde.

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Siamo tutti iraniani:

la lotta per la libertà di religione

Quando il 16 settembre 2023 sono iniziate le proteste per la morte di Mahsa, è stato subito chiaro che si trattava della sfida più seria lanciata contro il regime dal 2009. Ma quanto si sarebbe esteso questo nuovo movimento?

Le ondate di protesta precedenti non si erano sempre diffuse in tutto l’Iran. Il Movimento Verde del 2009 si era concentrato a Teheran e in altre grandi città come Isfahan, ma non era riuscito a coinvolgere molte persone nelle aree a maggioranza azera e curda dell’Iran occidentale. Le proteste e gli scioperi del 2019 hanno mobilitato molti lavoratori nelle province più periferiche, ma la classe media di città come Teheran è rimasta sostanzialmente indifferente. Eppure, nel 2022 il movimento sembrò toccare ogni angolo del Paese: era iniziato con l’uccisione di una ragazza curda a Teheran e si era rapidamente diffuso nella sua città natale e in altre città a maggioranza curda dell’Iran occidentale, oltre che in altre grandi città come Rasht e Isfahan. Ma la protesta si sarebbe allargata? E dove sarebbe stato il prossimo grande epicentro?

A migliaia di chilometri di distanza dal Kurdistan, sul lato opposto del Paese, si trova il Sistan e Balochistan (o Belucistan) sud-orientale, la seconda provincia per estensione ma anche la più povera dell’Iran. Si distingue per le sue montagne un po’ «marziane» le spiagge da sogno e la sua grande importanza strategica: i suoi vicini confinanti sono l’Afghanistan, il Pakistan e il Golfo di Oman. Come la maggior parte delle province ai confini dell’Iran, la lingua madre dei suoi abitanti è differente dall’unica lingua ufficiale del Paese, il persiano. Lì si parla il balochi, come i loro connazionali baloch della contigua provincia pakistana. Ma si distingue dalla maggior parte dell’Iran per un altro aspetto fondamentale: come il Kurdistan, la maggior parte dei suoi abitanti sono musulmani sunniti, appartenenti alla più grande minoranza religiosa dell’Iran.

Mentre più del novanta per cento degli iraniani sono musulmani sciiti, tra l’otto e il dieci per cento appartengono al ramo sunnita dell’Islam. Il restante uno o due percento sono bahá’í, zoroastriani, cristiani, ebrei e credenti di altre fedi, anche se queste statistiche demografiche fotografano solo l’identità religiosa registrata alla nascita, non la reale diffusione del credo in sé e per sé. Molti giovani iraniani sono atei o agnostici, ma certo non lo dichiarerebbero ufficialmente perché essere atei nella Repubblica islamica potrebbe voler dire essere condannati a morte. Questo macabro destino è riservato anche agli islamici che si convertono a un’altra religione o a uno sciita che si converte a un altro ramo dell’Islam, entrambi considerati atti di apostasia. Bahman Shakoori, uno sciita diventato sunnita, è stato una delle prime vittime delle leggi sull’apostasia della Repubblica islamica. Fu condannato a morte per «insulto al Profeta Maometto» perché, come molti sunniti, aveva criticato l’usanza diffusa tra gli sciiti di recarsi in pellegrinaggio alle tombe dei santi musulmani.



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